Logo EB Animazione

Victim blaming: quando la vittima diventa colpevole

Alessandra Marrone Novembre 5th 2019

Victim blaming: quando la vittima diventa colpevole

Avete mai sentito parlare di victim blaming? No?

In realtà sappiamo tutti benissimo di cosa si tratta. Quanti di voi, nel bel mezzo di una conversazione, si sono trovati ad esclamare: “ Se l’è cercata!”? se vi riconoscete in questa situazione o avete sentito affermare questa frase da altre persone, sappiate che avete realizzato o avete assistito al fenomeno del victim blaming.

La colpevolizzazione della vittima è un fenomeno molto complesso che coinvolge l’intera società e per questo motivo tutti ne facciamo o abbiamo fatto, in qualche modo parte. Il victim blaming è un meccanismo spesso attuato dai manipolatori dalla società, che porta ad una colpevolizzazione parziale o totale della vittima che ha subito un’ingiustizia. Quest’ultima, nel caso del victim blaming, riguarda spesso abusi sessuali o episodi di violenza domestica.

Quante volte abbiamo sentito dire: “’L’ha voluto lei, perché si è cacciata da sola in quella situazione…”.

La familiarità che abbiamo sviluppato nei confronti di frasi di questo tipo, ci fanno capire quanto sia un fenomeno diffuso e accettato nella società.

victim blaming

Quelli che non conosciamo sono invece gli effetti del fenomeno di colpevolizzazione sulla vittima. In sintesi: quale effetto ha sulla mente della persona, appunto la VITTIMA, la banalissima frase che spesso diciamo senza pensarci su troppo a lungo, con una leggerezza che lascia trasparire una mancanza di consapevolezza profonda:

“ Non fare la vittima!”?

Quando la vittima non viene riconosciuta in quanto tale dalla società, ecco che inizia a sbocciare in lei il seme della vergogna, alimentato da un senso di colpa sempre più consistente che inizia a fargli dubitare di essere stata realmente vittima di un sopruso. Giunge così a domandarsi se, in fondo, non sia stata realmente colpa sua, se non meritasse per davvero quello che ha subito e se, tutto sommato, il fatto non fosse poi così grave. Inutile dire quanto un meccanismo di questo tipo possa riuscire ad innestare ansia, calo di autostima, difficoltà relazionali e così via.

Tutto questo non dovrebbe succedere e per evitarlo occorre riconoscere in noi stessi e negli altri delle vittime o, per meglio dire, dei sopravvissuti a qualcosa di veramente brutto. In una società che ci vuole sempre perfetti, pronti ad agire e reagire con forza a quello che ci accade, con una cultura della competizione e del dover prevalere sempre sugli altri, accettare e riconoscere che in certe situazioni siamo state vittime di qualcosa o qualcuno è estremamente difficile. Eppure è anche estremamente importante.

L’empatia poi è un’altra medicina che non dovrebbe mai mancare quando ci relazioniamo ad altre persone. Dare importanza alle parole che usiamo e capire che quello che esprimiamo ad alta voce con così tanta sicurezza e spesso superficialità, andrà in qualche modo ad influenzare le persone cui ci rivolgiamo e ad impattare sui loro pensieri e sui loro comportamenti. Tutto questo è fondamentale per costruire una cultura  dell’accettazione e dell’amore verso il prossimo.

Articoli Recenti

Google Bard: l’intelligenza artificiale di Google approda in Italia

Threads, la nuova app di Zuckerberg

Canva vs PowerPoint: quale scegliere per le presentazioni?

Schwa: questione di inclusività

Victoria De Angelis: quando parlare della propria sessualità diventa prioritario

TIK TOK si prende gioco dell’Occidente?

Il lato oscuro della normalizzazione

FABIO FAZIO RAI: AMATO O ODIATO DAL PUBBLICO?